Dieci anni fa l'attentato alle Twin Towers di New York cambiò per sempre la storia dell'umanità.
Oggi viviamo le conseguenze politiche, sociali, economiche scaturite da quell'atto criminale che colpì il cuore degli Stati Uniti ed il Mondo intero (tutta la Redazione si stringe ancora attorno ai parenti delle vittime, nel ricordo di quella terribile giornata).
Poco più di cinque anni fa invece un'inaspettata ventata di giustizia riuscì a spazzare via un ventennio di marciume dal calcio italiano, restituendo a quest'ultimo credibilità e prestigio.
I postumi, anche in questo caso, sono ben visibili ancora oggi: l'incapacità dirigenziale, la scarsa competenza, le dure sconfitte sul campo sembrano infatti aver convinto il presidente juventino ad attuare la strana tattica del "ribaltamento dello status quo".
I continui attacchi al Presidente Moratti, gli esposti (respinti), le accuse (la sola arma a disposizione del poco attuale 'così fan tutti') pare siano riuscite nel loro intento: restituire unità al tifo bianconero, far passare l'idea di una società forte e determinata (anche nelle scelte politico-economiche, come la costruzione del nuovo stadio), incolpare il nemico delle proprie disgrazie (sportive).
Questa è la strada sbagliata, così si fomentano inutilmente avversione e risentimenti tra tifoserie, si contribuisce a destabilizzare l'ambiente.
A questo punto però la Società non può più esimersi dal mettere in pratica la propria difesa: basta savoir faire, basta indifferenza, è arrivato il momento di difendere colori, storia, memoria.
Si, perchè il tifoso Nerazzurro non dimentica i soprusi subiti, le scorrettezze, le losche manovre della 'triade'.
Tutti gli insuccessi del primo decennio sotto la Presidenza Massimo Moratti erano dovuti al gioco sporco, alle reiterate nefandezze di una dirigenza stipendiata dalla società (bianconera) che oggi sente il diritto di ergersi a moralizzatrice (di che cosa non abbiamo ancora capito).
Presidente adesso basta: è ora di agire, è ora di tutelare anche e soprattutto i diritti di chi, purtroppo, non è più in grado di farlo.
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